Gli ultimi lupi nel nostro ambito territoriale tra Settecento e Ottocento

Descrizione

Il lupo (Canis lupus) è stato un animale autoctono del nostro territorio, localmente estinto tra il  1820 e il 1838, anno in cui avvenne l’ultimo abbattimento documentato nel territorio dell’attuale Parco della Pineta. Sulla base delle numerosissime testimonianze contenute degli archivi storici [1] il lupo era stanziale nelle zone alpine e prealpine e in tutto l’Alto Milanese.

L’animale è dunque assente “solo” da 180 anni ed è stato parte della nostra fauna da tempi immemorabili, con interazioni complicate nei confronti dell’uomo, in particolare negli ultimi due secoli prima della sua scomparsa, quando la situazione ecologica e quella socio-economica erano radicalmente differenti rispetto alle attuali. Il lupo è ricordato per l’antropofagia, ossia la capacità di cibarsi di esseri umani. Ciò è stato un fatto assolutamente vero, benché limitato a una situazione storica particolare dovuta ad un comportamento acquisito per esperienza di alcuni individui, ma comunque sempre fuori dalla norma.

I cambiamenti verificatisi a seguito delle trasformazioni del territorio degli ultimi decenni, l’aumentata densità abitativa e la riduzione di aree totalmente selvatiche, sono ragioni per le quali il ritorno del lupo in aree collinari e di pianura rimane improbabile; e, se fosse, il rapporto con l’uomo sarebbe differente rispetto al passato.

Attualmente il lupo è presente in aree relativamente prossime al Parco della Pineta e, specificatamente, in Valle Albano, sulle montagne tra il Cantone Ticino e il Lario. Un esemplare è stato invece ritrovato investito sulla superstrada della Malpensa nel maggio 2013.

Diversi gli avvistamenti nell’anno 2020: probabilmente lo stesso lupo è stato visto in primavera a Lipomo e a Drezzo; a maggio, un muflone è stato ritrovato azzannato a Camnago Volta; un attacco a un gregge si è verificato il 31 dicembre in Brianza, nel Parco Regionale di Montevecchia e della Valle del Curone.Negli ultimi anni un esemplare è stato fototrappolato nel Parco Pineta.

lupo
lupo fotografato nel Parco Pineta

In Italia, da diversi anni, sono state avviate campagne per lo studio, la protezione e la corretta riscoperta del lupo, le quali hanno dimostrato come sia anacronistico trasporre l’esperienza passata a possibili scenari attuali o ipotizzare il ritorno di un diffuso pericolo; si deve però, al contempo, evitare di ridicolizzare o negare la serietà e la tragicità del rapporto storico tra l’uomo e l’animale. É evidente, tutt’al più, che il problema rimane complesso in termini di valutazione ambientale e di corretta gestione del territorio, dell’urbanizzazione, della densità di popolazione delle due specie e di disponibilità di risorse sufficienti per entrambe. Il ritorno del lupo, la cui espansione è comunque in corso, può attuarsi in aree idonee, con adeguati indici di naturalità e di capacità di reintegro delle risorse alimentari, soprattutto per quanto riguarda la presenza di ungulati, sue prede naturali.

 

Gli incontri col lupo nella Pineta e in Valle Olona [2]

Nel 1576 il prete Giovanni Battista Pusterla di Olgiate Olona mandava a Milano un tale Moneta per inviare delle cibarie a una famiglia di sua conoscenza, evadendo il cordone sanitario dovuto alla peste in corso. Il Moneta, interrogato successivamente poichè ammalatosi, dichiara di aver ricevuto dal Pusterla un pugnale per difendersi dai lupi durante il tragitto, è una testimonianza indiretta della loro presenza.

Nel gennaio del 1592, veniva posta una taglia di 10 scudi per chi poteva dimostrare l’uccisione di un lupo nel territorio delle pievi del Seprio Superiore, tra cui quella di Castelseprio in cui rientrava parte della Valle Olona e Tradate. Simili premi saranno previsti con grida periodicamente rinnovate da ogni governo fino al 1838.

Durante tutto il Seicento sono numerosi gli incontri col lupo. Di essi abbiamo traccia quando l’esito era cruento, in particolare quando determinava la scomparsa di bambini lasciati soli ad accudire il bestiame al pascolo o a vagare nelle brughiere per eseguire semplici lavori. Avvenimenti di questo tipo sono registrati a inizio del secolo tra Gurone, Cantello e Binago; più tardi a Solbiate Olona, Gorla Maggiore, e Tradate. Tra la fine del Seicento e all’inizio del Settecento, altri simili avvenimenti sono testimoniati anche a Lurago Marinone, Mozzate e più volte a Tradate e Gorla Maggiore.

Per la maggior parte del XVIII secolo non si avranno notizie di incidenti. Alcuni casi ricomparvero nei primissimi anni dell’Ottocento a Tradate, Locate Varesino e Appiano Gentile, ma non più in Valle Olona. Il 4 agosto 1806 il Commissario del Distretto di Appiano, invitò i cacciatori a trovarsi nelle brughiere delle Cascine Carbonetti per liberare la campagna dal lupo. Il 23 luglio dell’anno successivo, Giuseppe Francesco Cogliati uccise una lupa nei boschi di Gorla Minore. Nel settembre 1815 il prefetto di Como indisse l’ultima caccia generale al lupo.

Gli ultimi lupi del Tradatese vennero trovati il 10 maggio 1820 nel territorio di Abbiate Guazzone, tra il Centeriso e la Val Moiana: sono due cuccioli e vennero portati in municipio e uccisi. Nell’Appianese, gli ultimi quattro lupi vennero catturati e uccisi tra il 1826 e 1838. Furono le ultime taglie pagate nel nostro territorio.

 

I motivi dell’antropofagia

L’analisi delle testimonianze di attacchi da parte di lupi in Lombardia tra Settecento e Ottocento rivela alcuni elementi comuni che possono spiegare perchè il fenomeno si sia manifestato: le aggressioni sono avvenute, nella quasi totalità, in ambienti marginali (pascoli, boschi); la predazione è rivolta generalmente ai bambini e non agli adulti. In quel periodo storico l’incremento delle popolazioni rurali provocò una progressiva colonizzazione delle aree marginali con attività come: il pascolo del bestiame domestico nelle brughiere, la competizione tra animali domestici e selvatici per le risorse territoriali (cibo e acqua), l’aumento della caccia: tutti fattori che portarono alla riduzione dell’habitat del lupo e delle prede naturalmente disponibili. L’aggressione a esseri umani da parte dei lupi è un comportamento estraneo al normale schema predatorio della specie. Si è pensato che l’antropofagia si fosse ingenerata in base alla possibilità che i lupi abbiano iniziato a divorare cadaveri umani, ma nella documentazione storica, questo fatto è raro e mai registrato nel XIX secolo. Non deve inoltre  escludere che qualche caso di decesso di fanciulli, attribuito al lupo, possa nascondere un infanticidio; sebbene ciò, indirettamente, dia conferma che il fenomeno dell’antropofagia del lupo  era comunque diffuso al punto tale da rendere plausibile una messinscena. Se in una comunità rurale, le autorità sia civili che ecclesiastiche accettavano quella versione, significa che, a fronte di una vittima falsamente attribuita al lupo, ve ne erano parecchie reali.

Quel contesto indusse i lupi a organizzare la caccia in piccoli gruppi di famigliari o in solitario, piuttosto che in branco; ciò avrebbe garantito una migliore economicità alimentare, in una situazione di continuo stress e alterazione degli ambienti, e una maggiore sicurezza in territori aperti e con elevato distrurbo umano. Contestualmente si abituarono a puntare prede di taglia ridotta, surrogati di quelle selvatiche, come animali domestici (ovini, bovini, caprini).

Nella situazione economico-sociale del Sette e Ottocento, purtroppo, i bambini venivano proprio impiegati in semplici lavori quali il pascolo del bestiame e la raccolta di prodotti naturali: attività che li esposero all’incontro con il lupo. Seppur innaturale per il lupo, alcuni individui dovettero apprendere come questo tipo di predazione fosse gratificante e significativa in periodi di carenza alimentare, trasmettendo questa capacità al gruppo familiare.

In conclusione, il lupo ha sviluppato l’antropofagia solo quando, contemporaneamente, si sono manifestate le seguenti carenze: alimentare (scarsità di prede); territoriale (scarsa disponibilità e competizione con l’uomo); demografica (contrazione degli effettivi della popolazione); sociale (sgretolamento della struttura dei branchi).

 

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[1] Per chi volesse approfondire: L. Cagnolaro, M. Comincini, A Martinoli, A Oriani, “Dati storici sulla presenza e su casi di antropofagia del lupo nella Padania centrale”, in Atti del convegno nazionale “Dalla parte del lupo” – Parma 9-10 ottobre 1992, Atti & Studi del WWF Italia, n°10, 1-160, , Cogecstre Edizioni, 1996.

[2] I dati sono stati collezionati consultando le seguenti fonti: M. Comincini, L’uomo e la bestia antropofaga. Storia del lupo nell’Italia settentrionale dal XV al XIX secolo, Unicopoli, Milano, 2002; Archivio Storico “Luigi Carnelli” di Gorla Maggiore; ricerche inedite dell’ing. Luciano Golzi Saporiti di Tradate.

 

Autore

Matteo Colaone